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Enrico Lixia
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cercavo di immaginarmi cosa fosse la prima sera che la famiglia di mia madre era arrivata ad abitare in questo posto. Quello che immagino io di questo posto – anche perché ci ho abitato qui vicino, per tre anni – è questo senso della vita serale: d’estate per esempio, quando la gente esce e se la spassa, i bambini giocano, le vecchie madri stanno a fare delle chiacchiere, gli uomini di solito andavano al caffè a giocare. Ecco, qui trovo che i luoghi, se dettano qualcosa, dettano il senso possibile di una dolcezza della vita, che dovrebbe esserci, dietro cui corriamo. Nei luoghi, appunto, dov’è il desiderio di sentirsi a casa propria. E quindi, quello che vedo in questo luogo è il ricordo di uno spazio comunitario, dove ci si sfiorava magari, di sera, la gente stava sulle porte delle case. In questo, voglio dire, è il senso della dolcezza del vivere, cioè che se arrivi in un posto, e questo posto è un po’ un grembo, un ambiente…

Gianni Celati

anarchy of colored girls type beat
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Le emozioni, la tenerezza, la gentilezza: sorelle ma molto diverse tra di loro. La gentilezza conserva qualcosa di astratto, formale, anche con un cuore di pietra possiamo esprimere gentilezza. La gentilezza corre il pericolo di essere legata ad atteggiamenti, parole ancora troppo intessute di esteriorità e apparenza. Della tenerezza questo non fa parte, la tenerezza si vive fino in fondo. La tenerezza è una ricerca di senso delle parole che diciamo e degli atteggiamenti che assumiamo, la tenerezza parla con il linguaggio del corpo, che, nella gentilezza, è in qualche modo alla periferia. La tenerezza implica l’anima, essere attraversati, essere toccati nella nostra vita quando ascoltiamo una persona e cerchiamo di coglierne i dolori e le sofferenze.

Io temo tanto la parola degli uomini
Dicono sempre tutto così chiaro
questo si chiama cane e quello casa
e qui è l’inizio e là è la fine.
E mi spaura il modo, lo schernire per gioco,
che sappian tutto ciò che fu e sarà;
non c’è montagna che li meravigli:
le loro terre e giardini confinano con Dio.

RAINER MARIA RILKE, Poesie I (Torino, Einaudi-Gallimard 1994)

Kurt Vonnegut
Kurt Vonnegut

“…Perché una volta che avete cominciato, […] non c’è nessuna ragione che vi fermiate. Il passo tra la realtà che viene fotografata in quanto ci appare bella e la realtà che ci appare bella in quanto è stata fotografata, è brevissimo. ][…] Basta che cominciate a dire di qualcosa: “Ah che bello, bisognerebbe proprio fotografarlo!” e già siete sul terreno di chi pensa che tutto ciò che non è fotografato è perduto, che è come se non fosse esistito, e che quindi per vivere veramente bisogna fotografare quanto più si può, e per fotografare quanto più si può bisogna: o vivere in modo quanto più fotografabile possibile, oppure considerare fotografabile ogni momento della propria vita. La prima via porta alla stupidità, la seconda alla pazzia”

Italo Calvino – Avventura di un fotogra…
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